Arte dei suoni ovvero la musica

Arte dei suoni, ovvero la musica

La musica è un’arte che si esprime mediante i suoni; arte astratta per eccellenza, che non conosce limiti di contenuto, che si rivolge prima allo spirito e poi all’intelletto, e per la quale si concretano dei sentimenti, o meglio un substrato di sentimenti che, componendosi nell’intimo dell’artista, determinano sempre nuove combinazioni degli elementi sonori. Sul piano estetico è impossibile, o almeno improprio, schematizzare e circoscrivere stili, forme, maniere o mezzi d’espressione.

E’ un’immagine di un atto di creazione, attività soggettiva fecondata che raggiunge una forma estetica, appare come una naturale inclinazione nell’uomo, il quale, se pure segue indirizzi diversi nelle varie epoche storiche e affina le proprie possibilità con la ricerca di nuovi ritrovati tecnici, sempre ha cercato in quest’arte il supremo slancio di una spiritualità istintiva.

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Libro nel mondo antico

Libro nel mondo antico

Il libro è un complesso di fogli, stampati o scritti, legati insieme a costituire un volume di determinato formato, munito di copertina e rilegato. Si distingue il libro a stampa ed il libro manoscritto (detto anche codice). Rispetto al suo spessore il libro si dice anche opuscolo quando non raggiunge le 100 pagine. Si distingue inoltre per i vari tipi di legatura. Diverse locuzioni infine distinguono il libro per il suo stato, il suo contenuto, il suo scopo, la sua origine, ecc. Per la schedatura e la conservazione dei libri nel mondo si usano le biblioteche.

Le più antiche materie scrittorie furono le pareti delle rupi e delle caverne, sulle quali l’uomo primitivo incise segni ideografici. Successivamente si scrisse su foglio (da qui il nome «foglio»), sulla parte interna della corteccia e sul legno interno dell’albero. Altre materie scrittorie dei popoli dell’antichità furono i mattoni, le tavolette e i cilindri d’argilla e di terracotta, i cocci di stoviglie graffiti (ostraka).

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Velocità e tecnologia della stampa offset

La stampa offset rappresenta la versione più moderna della litografia. Questa tipologia di stampa usa come forme di stampa delle lamiere di zinco o di alluminio, aventi lo spessore da 0,3 a 0,6 mm., che vengono sottoposte preventivamente ad un trattamento di granitura superficiale, con abrasivi o per via elettrolitica, per rendere la superficie ruvida in modo che trattenga l’acqua di umidificazione.

Procedimenti di funzionamento della stampa offset

Vi sono diversi procedimenti per preparare la forma per questa stampa. Quello che oggi è maggiormente diffuso è il cosiddetto sistema di copia positiva, cosi chiamato perché si parte da una diapositiva che viene stampata su di una lamiera di zinco preventivamente sensibilizzata. Al posto dell’impaginazione che si aveva in tipografia, nella stampa offset si ha il montaggio che si esegue su un piano di cristallo o di materiale plastico trasparente e indeformabile sul quale si applicano le pellicole mediante appositi adesivi.

Il foglio di zinco viene deacidato quindi sensibilizzato con una soluzione a base di collante (gomma arabica, albumina, resina sintetica) e bicromato di ammonio. Quindi ad esso viene sovrapposto il montaggio e il tutto esposto alla luce di lampade ad arco. Dopo l’esposizione si procede allo sviluppo con soluzioni apposite o, in certi casi, con la semplice acqua.

Come stampa un’offset?

Tutte le parti che non devono stampare rimangono coperte mentre si mette a nudo il metallo in corrispondenza delle parti stampanti. Quindi si effettua una leggera incisione nelle parti che dovranno stampare, usando una soluzione acquosa di cloruro di calcio, acido cloridrico ed acido acetico. Sulla lastra si stende poi una soluzione di gomma lacca in alcool, nitrobenzolo e violetto di metile che aderisce alle sole parti stampanti ed aumenta l’aderenza tra la superficie incisa e l’inchiostro di protezione che viene steso successivamente.

Si procede quindi allo spoglio, ossia alla eliminazione del collante indurito e insolubile mediante una soluzione in acqua di acido solforico, alla asciugatura della lastra ed alla stesura sopra di essa di una soluzione a base di sali igrofili. Lo zinco cosi preparato viene montato sulle macchine da stampa che sono del tipo a pressione cilindrica diretta. Lo zinco viene umidificato, poi inchiostrato; quindi si stampa su un tessuto gommato steso generalmente su un cilindro ad asse parallelo a quello su cui è montato lo zinco. Il tessuto gommato a sua volta stampa sulla carta che passa su un altro cilindro parallelo ai precedenti.

Poiché la stampa offset presuppone un passaggio intermedio dalla gomma alla carta cosi sullo zinco l’incisione è diritta e non rovesciata come in tipografia e litografia. Il passaggio intermedio, dividendo due volte l’inchiostro riduce l’intensità della stampa del testo: questo è uno dei punti di inferiorità del procedimento offset rispetto a quello tipografico.

Tanti ventilatori per il fresco

Tanti ventilatori per il fresco

Nel periodo del grande caldo estivo è importante avere a casa, un prodotto che aiuti a superare le giornate più afose, scegliendo o delle soluzioni tradizionali o un po’ di aria condizionata. In questo articolo, desideriamo parlarvi dei ventilatori, delle loro funzioni e di come possono essere utilizzati al meglio.

Quali sono gli aspetti da valutare?

Sicuramente il ventilatore deve riuscire ad offrire un aiuto di un certo livello, facendo evaporare il calore in eccesso che non viene smaltito dalla pelle. In base alle dimensioni della stanza da rinfrescare, valutate sempre che siano presenti più pale quanto più rande è il locale, inoltre il numero vi velocità di aria è fondamentale.

Solitamente si dovrebbero avere a disposizione almeno tre tipologie di aria da quella calma al getto più forte ma che spesso fa anche male alla salute. Un buon ventilatore deve essere poco rumoroso e orientabile in base alle esigenze di chi lo utilizzata. Ecco perché è meglio valutare che un ventilatore sia stabile e sia certificato per la sicurezza con il marchio CE.

Meglio il ventilatore fisso o mobile?

Quando il ventilatore deve essere utilizzato solo in una zona della casa è meglio la versione fissa, le persone utilizzano la più popolare che si avvita come se fosse un lampadario e oltre ad emettere aria può essere utilizzato anche come luce. Solitamente la versione in questione è quella con le pale da soffitto, in alternativa per avere un ventilatore sempre a portata di mano, si può utilizzare quello fisso da tavolo o da terra.

Quest’ultima versione offre una maggiore potenza mentre quello piccolo è ideale in un piccolo studio dove si desidera rinfrescare l’ambiente piccolo senza eccessivo spreco di energia. Il ventilatore a terra invece è valido per i grandi ambienti ma attenzione perché questi modelli offrono solo un aerazione in altezza (chiamati come modello a torre).

Ora in base alle esigenze presenti nella vostra casa, vi accorgerete che i ventilatori da appoggio, propongono solo un’aereazione contenuta. Dipende anche da quanto fresco desiderate avere in casa, quindi ponetevi delle domande prima di utilizzare un prodotto al posto di un altro e in poco tempo, vi accorgerete che i dettagli su un ventilatore non sono mai troppi.

Il consiglio è quello di non utilizzare prodotti usati perché potrebbero causare dei cortocircuiti all’impianto elettrico della casa, quindi massima attenzione all’uso del ventilatore in camera.

Limiti e rivoluzione della luce

Limiti e rivoluzione della luce

La luce è una radiazione elettromagnetica, compresa tra circa 4 • 10 alla quattordicesima e circa 7,5 • 10 alla quattordicesima periodi al secondo, che impressiona l’occhio. Lo studio della luce è quindi legato anche al fenomeno fisiologico della vista; è bensí vero che esistono preparati fotografici sensibili alla luce, ma la loro latitudine di sensibilità può essere diversa da quella dell’occhio: ne consegue perciò che i limiti di definizione della luce non possono essere che legati a quelli della vista.

Le teorie della luce

Newton riteneva che la luce consistesse in uno sciame di minutissime particelle, lanciate dai corpi luminosi con velocità enormi, le quali o giungono direttamente al nostro occhio e vi destano una sensazione che noi riferiamo al corpo luminoso, o colpiscono altri corpi e da essi vengono rimandati all’occhio, e noi ne riferiamo le impressioni ai corpi illuminati. Huygens invece pensò che la luce fosse generata da vibrazioni rapidissime delle piú piccole particelle costituenti i corpi, le quali, trasmesse da un mezzo elastico, giungono all’occhio;

Questo mezzo deve essere diffuso in tutto l’universo. Le due teorie sono note coi nomi rispettivamente di teoria corpuscolare e teoria ondulatoria. La prima, per la sua semplicità e per l’autorità del suo grande ideatore, venne subito accolta con favore, giustificato anche dal fatto che essa spiega i fenomeni luminosi piú comuni con meravigliosa evidenza. La seconda teoria spiega invece i fenomeni in modo piú complicato e per di piú richiede la presenza in tutto l’universo, del mezzo elastico adatto alla propagazione delle oscillazioni.

Limiti e differenze sulle teorie della luce

La teoria di Huygens ebbe fortuna perché, a differenza di quella corpuscolare di Newton, permise di spiegare i fenomeni dell’ottica fisica (cosí chiamata in contrapposizione all’ottica geometrica), quali la rifrazione, l’interferenza, la diffrazione, la polarizzazione. Tuttavia la sua principale limitazione consisteva nel fatto che per spiegare la propagazione della luce nel «vuoto» degli spazi interplanetari e cosmici, occorreva immaginare tali spazi non vuoti in senso assoluto, ma riempiti di una sostanza elastica che assommasse proprietà piuttosto contrastanti.

Come quelle di essere abbastanza rarefatta perché i pianeti vi si muovessero senza attrito, ma abbastanza densa per trasmettere onde trasversali come sono quelle ottiche: onde elastiche trasversali sono infatti trasmesse solo dalla materia nel suo stato piú condensato, ossia sono caratteristiche dei corpi solidi (i gas ad esempio trasmettono onde elastiche solo longitudinali). L’esistenza di una simile sostanza, che fu chiamata «etere cosmico», fu effettivamente ipotizzata ma, a parte le difficoltà di procurarsene un campione per analizzarne le proprietà, la coesistenza in essa delle suddette contrastanti caratteristiche permaneva come una fondamentale debolezza della teoria ondulatoria elastica di Huygens.

Che differenza c’è tra sapere e sapienza?

Utilizzate spesso come sinonimi intercambiabili, non tutti in realtà sono a conoscenza del fatto che si tratta di due cose diametralmente opposte. Scopriamo quindi che differenza che tra sapere e sapienza. Il sapere è la scienza e la cultura in quanto possedute coscientemente dall’individuo. Nella filosofia antica il sapere è stato sinonimo di sapienza e di scienza fino ad Eraclito e soprattutto a Socrate che si riconosceva possessore della sapienza per il fatto che sapeva di non sapere.

Questo disilludere dal poter sapere, soprattutto nei riguardi del proprio essere, è stato motivo dominante nelle scuole post-socratiche e anche nel platonismo cristiano (la dotta ignorantia del Cusano). Aristotele distinse fra sapere primitivo o spontaneo, che si limita all’esperienza, e sapere riflesso o razionale promosso dalla curiosità sapere che ogni uomo ha in sé e che si distingue per la sua oggettività e per il suo obbiettivo che è la conoscenza delle cause. Nell’Ellenismo il sapere è un inventario della cultura umana, come veniva fatta dai dotti dello stampo di Varrone, per il gusto del sapere.

Il sapere per il sapere. Di una simile concezione risentirà anche l’umanesimo. La nozione contemporanea di sapere fece la comparsa nella filosofia moderna con Cartesio: esso è soggettivo, in quanto è ricercato da un principio razionale attivo dell’individuo. Per Hume, essendo caratteristica del sapere la certezza, è possibile solo un sapere matematico, mentre si esclude un sapere anche nei confronti delle scienze fisiche basate sulle ipotesi. Limitato è anche il sapere kantiano che investe i soli fenomeni. Per Hegel invece è possibile un sapere assoluto che consiste nell’autocomprensione dello spirito quale attualità esistente e quale attività cosmica e storica nel suo divenire.

La sapienza in quanto saggezza

La sapienza, invece, indica in genere un profondo affinamento intellettuale e morale. La sapienza somiglia parecchio alla saggezza, con la differenza tuttavia che nota dominante della sapienza è la perfezione intellettuale, mentre il concetto di saggezza accentua maggiormente l’aspetto morale e pratico. La sapienza si distingue dal sapere per il suo campo ristretto alle ultime cause delle cose, mentre il sapere spazia nel campo scientifico e non contempla la perfezione morale del soggetto che sa.

Si distingue inoltre dalla prudenza, perché questa è solo una delle virtú intellettuali e morali che caratterizzano la sapienza. Particolarmente coltivata nel platonismo e neoplatonismo, la sapienza è ivi intesa come ideale della filosofia nel suo tendere alle verità eterne. Per Bonaventura la sapienza è l’ultima perfezione e pacificazione dello spirito, quale sintesi di scienza e santità, pienezza di conoscenza e di affettività che deriva dall’intimo esperire il mistero di Dio, mediante la fede, l’adorazione e l’amore. Per questo essa è anche detta a unione mistica e dotta ignorantia.

Tutto sulla invenzione della stampa

Tutto sulla invenzione della stampa

L’invenzione della stampa a caratteri mobili interruppe la troppo costosa scritturazione a mano, contribuendo alla moderna diffusione del libro. Nella seconda metà del ‘400, infatti, i libri cominciarono ad avere larga diffusione per l’invenzione da parte del maguntino Johan Gutenberg della stampa a caratteri mobili.

La stampa in Italia

La stampa si diffuse con mezzi assai semplici, onde il termine incunabuti per indicare il «libro in fasce », quelli cioè stampati sino a tutto il 1500. Nel ‘500 la stampa del libro si perfeziona, specie per i contatti con l’arte rinascimentale. In Italia prosegue la sua attività Aldo Manuzio la cui opera è continuata dal suocero Andrea Torresani, dal figlio Paolo e dal nipote Aldo il Giovane. Accanto ad essi opera a Venezia un’altra grande famiglia di tipografi, i Giunta, attivi anche a Firenze, a Lione ed in Spagna. A Venezia stampano anche, tra gli altri, i Paganini, Melchiorre Sessa, i Giolito de’ Ferrari, Ottaviano Petrucci inventore della stampa musicale a caratteri mobili. Sempre nel sec.

XVI sono da ricordare a Roma Antonio Blado, in Francia i Griffi, i Vérard, i Pigouchet, gli Etienne o Stefani, nei Paesi Bassi il Plantin ed il Moretus. Per la ridondanza manierista delle ornamentazioni meno bello appare il libro secentesco, specialmente in Italia ove in quest’epoca non appaiono, pur tra i numerosissimi stampatori, tipografi di pregio. Più interessante il libro francese, e specialmente quello dei Paesi Bassi, specie per l’attività della famiglia degli Elzeviri, autori di libri di piccolo formato che ebbero numerosi imitatori e speciale diffusione.

I libri come opere d’arte

Il ‘700 italiano reagisce alla mediocrità del secolo precedente con libri di pregio stampati a Venezia dallo Zatta, a Padova dal Comino, a Milano dalla Società Palatina, a Bologna da Lelio della Volpe, a Firenze da Tartini, Franchi e Manni, a Roma dal Pagliarini; principe degli stampatori del ‘700 è G.B. Bodoni, attivo a Parma, insuperato maestro nell’incisione dei caratteri e nel gusto per una composizione elegante e simmetrica. Nello stesso periodo sono da ricordare in Francia i Didot, in Inghilterra la stamperia di Oxford, nell’America settentrionale l’attività di Beniamino Franklin.

La stampa dei libri nel corso dell’800, dal lato artistico, è di scarso interesse; è questo tuttavia il secolo nel quale il libro maggiormente si diffonde contribuendo all’educazione popolare e sociale. Concetto questo continuato anche ai nostri giorni pur orientandosi verso forme decorative (copertine, illustrazioni) destinate a maggiormente attirare la attenzione del pubblico distratto da altre fonti di divertimento e meno portato quindi ad istruirsi attraverso la lettura. Accanto ai maggiori tipografi interessati ad una divulgazione culturale permangono ancora stampatori che amano il libro in quanto opera d’arte, curandolo dal punto di vista estetico nel solco della miglior tradizione.

prime musiche della storia

Le prime musiche della storia

I primi canti dell’umanità, fusione di suoni faringei inarticolati emessi sotto l’impeto delle passioni, possono essere stati nenie cullanti cantate anche su due sole note ripetute all’infinito, e canzoni di lavoro, brevi frasi ritmate accompagnanti il movimento fisico.

Le musiche del passato

I primi impulsi subiti dall’arte dei suoi si possono ricercare nella ripetizione, spontanea quando si voglia dare maggior intensità espressiva a frasi, parole, grida; nell’allitterazione, comune nella più antica arte magica che faceva uso di formule cadenzate su identici suoni consonantici e vocalici; nell’edonismo del suono, ossia nel puro piacere del senso all’udire un suono di per sé reiterato e ripetuto; nell’imitazione dei canti e dei gridi degli animali (specie degli uccelli).

Il primo strumento fu dunque la voce, mentre gli strumenti veri e propri, costruiti dall’uomo per imitare i suoni della natura, appaiono ben presto in tutte le categorie: a percussione (e sono i più numerosi poiché rispondono al bisogno di segnare il ritmo) costituiti da tronchi cavi su cui si battevano le mani e le armi da caccia, fino a giungere alla costruzione di tamburi con pelli tese; a fiato, verosimilmente suggeriti dal sibilare del vento e rappresentati da canne vuote portate al naso o alla bocca, da siringhe di Pan e da conchiglie (buccine); a corda, inventati arricchendo l’arco da caccia di ulteriori corde e appoggiandolo a una zucca vuota quale primitiva cassa di risonanza.

Canti selvaggi

Presso i popoli allo stato selvaggio si notano sensibilità e pratiche musicali varie, ora legate al più stretto cromatismo, tanto da conoscere solo il semitono e intervalli anche più piccoli, ora appoggiate al più puro diatonismo, sulla base di una scala di soli cinque suoni senza semitono (anemitonica pentafonale). In generale presso tutti questi primitivi non si trova alcuna via di sviluppo alla musica a causa delle ferree leggi che puniscono anche con la morte ogni tentativo di modificare i canti tradizionali e di comporne di nuovi.

Ogni occasione, ogni magia, ogni festa ha la sua melodia e queste canzoni o arie sono: di carattere guerresco o esaltativo, il vero canto selvaggio, il più antico e il meno artistico, grida e lamenti regolati dal ritmo, che ripetono all’infinito parole e suoni; di genere narrativo, quando adattano molte strofe a un solo periodo musicale; di tipo a ballo, ossia canzoni danzate, in cui si alternano due motivi. Le musiche antiche rappresentano un elemento fondamentale e una base importante per comprendere le evoluzioni della musica moderna e contemporanea.

Sapere eterno delle biblioteche

Sapere eterno delle biblioteche

La biblioteca è una raccolta di volumi non avente scopo commerciale, ma conservativo ad incremento della cultura e, come derivazione, il locale che tale raccolta contiene. Notizie di cronisti e suppellettili librarie, rinvenute in scavi archeologici, ci hanno permesso di documentare l’esistenza di biblioteca dell’antichità. Numerosi i ritrovamenti nella biblioteca fondata a Ninive da Assurbanipal (668-626 a. C.), della quale sono pure stati conservati i cataloghi. Cimeli egiziani sono pure venuti alla luce, come anche si hanno notizie di bibilioteche private dell’epoca greca, come quella di Aristotele. Di grande importanza le raccolte dell’epoca ellenistica.

La biblioteca d’Alessandria diede larghissimo impulso alla formazione della cultura ed arrivò a possedere, all’epoca di Cesare, ben 700.000 rotoli di papiri. Callimaco, che ne fu probabilmente il bibliotecario dal 260 al 240 a. C., ne compilò un catalogo in 120 libri. Pare sia stata distrutta a causa di un incendio appiccato da Cesare alle proprie navi (47 a. C.) e che ad essa si estese, ma fu poi ricostituita coi 200.000 rotoli della biblioteca di Pergamo che Antonio donò a Cleopatra.

Fu poi più volte incendiata; le ultime opere da essa possedute sarebbero state infine distrutte dal califfo Omar (641). La biblioteca di Pergamo, forse fondata da Eumene II (197-158 a. C.), ebbe pure grande importanza; scomparve quando Antonio, come abbiamo detto, ne donò le opere a Cleopatra. Anche altre città del periodo ellenistico (Rodi, Corinto, Dello, ecc.) possedevano biblioteche minori.

Le biblioteche romane

In Roma molte biblioteche sorsero col materiale asportato da paesi conquistati; tra le private si ricordano quelle di Lucullo e di Attico, mentre solo nel 39 a. C., da Asinio Pollione, fu aperta una pubblica biblioteca, cui segui quella ben più ampia di Augusto (28 a. C.). Altri imperatori lo imitarono, Tiberio, Vespasiano, Traiano, sino ad arrivare a ben 28 raccolte nella sola città; esse scomparvero, per incendi o per distruzione, durante l’epoca barbarica. In genere le B. dell’antichità erano formate da un’ampia sala nelle cui pareti si aprivano armadi a muro con-tenenti i rotoli a strati sovrapposti, identificabili dal titolo scritto su una striscia pendente all’esterno.

I papiri erano per lo più divisi per materia, ma in genere esisteva anche un catalogo generale che indicava probabilmente i singoli armadi. Con le invasioni barbariche la conservazione degli strumenti della cultura precedente restò affidata esclusivamente ai conventi che ereditarono parte del materiale romano e quei testi sacri che si erano già andati raccogliendo nelle biblioteche cristiane (tra le quali assai nota era già stata quella di Cesarea in Palettina, fondata nel sec. III). Esse erano formate da un limitato numero di volumi; solo la biblioteca imperiale di Costantinopoli continuava, per ricchezza di materiale, le tradizioni romane.

Di esse ricordiamo la Vaticana, quelle di Bobbio, Nonantola, S. Gallo, Reichenau, Clu-ny, Luxeuil, Corbie, nelle quali esistevano anche centri di copiatura che contribuirono non solo all’evolversi delle varie forme di scrittura (paleografica), ma anche al diffondersi dei testi sacri e dei loro commenti; per questa ragione genericamente simili sono i fondi di tutte le biblioteche medievali.

Comodità delle sedie da ufficio

Esistono molti nomi per identificare le sedie da ufficio, alcuni le chiamano poltrone girevoli altri sedie. In ogni caso stiamo parlando sempre di quella tipologia di sedia imbottita, integrata su un asse che permette la rotazione a 360 gradi.

Come riconoscere le vere sedie da ufficio?

Chi non ha mai lavorato in uno studio professionale o fa poca attenzione ai dettagli, sicuramente non si sarà mai accorto di questi prodotti. Pensate che la prima sedia girevole fu creata da Thomas Jefferson, oggi vengono utilizzate non solo negli istituti pubblici ai giorni nostri fanno parte anche delle case dove le persone studiano o lavorano in totale comodità.

Il vantaggio principale nell’utilizzo di questo prodotto è la spalliera imbottita e solitamente rivestita in un tessuto simile alla pelle, con braccioli laterali in plastica, in pelle oppure in metallo. Non tutti i modelli sono uguali, infatti, alcune sedie da ufficio hanno una reclinazione che arriva solo fino ad un certo punto, con un’altezza regolabile tramite sistemi pneumatici.

Le comodità da non sottovalutare

L’altezza delle sedie è regolabile, infatti, le versioni ergonomiche da ufficio devono essere così per offrire il maggior comfort possibile a chi passa tanto tempo seduto. La leva per la regolazione è il sistema integrato appositamente per questo motivo, per una buona posizione si dovrebbe avere un altezza che va dai 40 ai 55 centimetri da terra. I piedi sono posizionati sul pavimento con le gambe e le braccia orizzontali e parallele alla scrivania.

Molto importante anche la larghezza della seduta e la sua profondità, le sedie classiche dovrebbero avere una larghezza per sostenere ogni tipo di persona. I modelli comodi hanno le seguenti caratteristiche:

  • Larghezza da 43 a 50 cm con una seduta normale.
  • La profondità deve offrire all’utente di sedersi contro lo schienale.

Il supporto lombare per una sedia ergonomica offre il sostegno dalla parte inferiore è fondamentale, infatti, per avere il miglior comfort è quello di ottenere una regolazione anche a questo livello. In questo modo chi si siede può ottenere la misura adeguata in base alla curva della spina dorsale.

Non da meno lo schienale di una sedia da ufficio, che non dovrebbe mai superare i 48 cm, nei casi in cui risulti separato, deve poter essere regolato in altezza e inclinazione per offrire una curva naturale. Mentre nella versione ad unico pezzo è consigliabile avere una regolazione che permetta di spostarsi avanti e indietro.

Impianto fotovoltaico: econostenibilità, green e rispamio energetico

Oggi il risparmio sembra essere molto importante, e sono sempre di più le persone che scelgono il “fai da te”, costruendo oggetti che possono essere utili alla propria vita domestica. Addirittura, è possibile costruire a casa propria un impianto fotovoltaico domestico, e i vantaggi di averlo sono veramente tanti. Gli impianti fotovoltaici sono considerati importanti per l’economia green, sono molto gettonati da coloro che vogliono mantenersi attenti al risparmio energetico e alle dinamiche econostenibili.

Le statistiche del bilancio elettrico nazionale hanno dimostrato che il fotovoltaico ha portato molti benefici nell’ottimizzazione dei costi di approvviggionamento energetico a livello nazionale. Il fotovoltaico è uno strumento ecologico che oltre a permettere con le energie rinnovabili di ridurre le emissioni inquinanti, permettono anche all’Italia di rispettare gli accordi internazionali appartenenti al protocollo di Kyoto. Le bollette dell’energia elettrica, con il fotovoltaico saranno sicuramente molto più ridotte, ma è importante tenere conto dell’affidabilità dell’impianto fotovoltaico, della sua efficienza e del suo buon funzionamento.

Spendere per la realizzazione di un impianto fotovoltaico, conviene per risparmiare in futuro

Un impianto fotovoltaico da 3 KwP potrebbe costare intorno ai 6500 euro fino agli 8500 euro. Vi sono dei finanziamenti e incentivi come il Quinto Conto Energia che è cessato nel luglio 2013 dopo aver rggiunto 6,7 miliardi di euro di incentivi. Poi vi è l’incentivo statale che sarebbe una compensazione tra il valore economico dell’energia prodotta e quello dell’energia prelevata dalla rete in un diverso periodo da quello della produzione. Tale contributo viene calcolato dall GSE considerando le caratteristiche dell’impianto e delle condizioni contrattuali dell’utente in relazione al fornitore dell’energia elettrica.

Ovviamente, anche per gli impianti fotovoltaici vi sono delle dovute procedure burocratiche e amministrative, infatti si deve richiedere all’ufficio comunale l’autorizzazione necessaria all’impianto fotovoltaico, e per ridurre la difficoltà delle procedure che possono procrastinarsi a lungo, è consigliabile rivolgersi ad aziende installatrici che aiutano l’utente a facilitare tutto il lavoro necessario per avere il proprio impianto fotovoltaico.

Anche per provvedere da soli e autonomamente, alla costruzione di un impianto fotovoltaico nella propria abitazione, è necessario sempre consultare dei seri professionisti del fotovoltaico e del settore green, in modo da scegliere bene i materiali adatti e di qualità per gli impianti, in modo da far funzionare questi nel modo più corretto possibile ed essere quindi altamente redditizio.

elemento importante per una mamma

Fasciatoio: elemento importante per una neo mamma

Tutte le donne che hanno avuto un bambino, sanno bene quanto sia importante avere il fasciatoio giusto per ogni tipo di utilizzo corretto. Ovviamente le possibilità di trovare questo oggetto sono tantissime, spesso sono gli stessi parenti a offrire alle neo mamme il fasciatoio già utilizzato in passato. L’importante che si tratti di un modello usato ma con materiali di qualità, una veloce igienizzazione e il gioco è fatto.

Quali caratteristiche deve avere un fasciatoio?

Il primo dettaglio da avere in considerazione è dove dovrà essere collocato il fasciatoio, in bagno o in camera? Una volta valutata con attenzione la scelta, dovrete munirvi di metro e assicurarvi che siano disponibili gli spazi sufficienti per contenere il modello che vi è stato regalato.

Meglio un fasciatoio che abbia i cassetti, in questo modo potrete preparare tutti i pannolini necessari e i nuovi abiti per cambiare il neonato. Indispensabile anche la zona che permetta l’igiene del bambino, con una vaschetta interna per avere tutto a portata di mano. Se poi siete state così fortunate da aver ricevuto in regalo un modello con il tubo di scarico, la pulizia sarà ancora più veloce e immediata.

Mettere il fasciatoio direttamente in cameretta

La scelta di mettere il fasciatoio portatile in camera del bambino è la soluzione ottimale per soddisfare le esigenze di comodità, anche in questo caso dovrete valutare le vostre esigenze ma assicuratevi che sia sicuro e non presenti spigoli taglianti da nessuna parte. Prima di posizionare il prodotto, scegliete il posto dove starà per sempre, visto che il fasciatoio sarà per molti mesi al centro della stanza.

In camera avrete una soluzione molto funzionale e comoda per avere l’igiene del bambino sempre in ogni momento. La versione a muro che spesso è quella più utilizzata nello scambio tra mamme è la scelta migliore per chi ha poco spazio, stesso sistema per quelli che si agganciano direttamente alla vasca.

Impossibile non poter avere un prodotto che si adatti alle vostre esigenze, ormai tutti i prodotti per l’infanzia sono stati creati per offrire il massimo del dettaglio e della comodità in pochissimo tempo.

Un elemento da tenere sempre in considerazione quando si arreda la camera per il bambino, quindi assicuratevi di poter organizzare tutto prima del tempo. Inutile correre a richiedere all’ultimo momento alla vicina il fasciatoio, preparate le misure e gli arredi prima del parto.